Le emozioni sono dotate di sfumature che si diramano senza fine, come i toni di rosa che assume il cielo di montagna al tramonto mentre conduciamo in souplesse la nostra Volvo V40 Cross Country lungo le curve della statale Alemagna. La massa imponente dell’Antelao che ci sovrasta, il nobile profilo del Pelmo di fronte a noi, mentre in lontananza si scorgono le Tofane della Conca Ampezzana che abbraccia Cortina. Siamo a San Vito di Cadore, circondati da vette e colori che regalano agli occhi uno spettacolo inarrivabile. Quassù da pochi mesi, lo storico Hotel Villa Trieste ospita un angolo di alta, altissima cucina. Quattro tavoli, sedici coperti, legno chiaro e calda essenzialità sono le parole chiave che Oliver Piras e Alessandra del Favero hanno utilizzato per la loro creatura. Tanto è impressionante il curriculum di questo giovane chef, la cui formazione va dalla Francia all’Italia passando da Spagna e Danimarca attraverso il massimo dell’eccellenza in cucina, quanto sono sorprendenti la sua squisita umiltà e la voglia di apprendere che si accompagna al desiderio di appagare il palato. Senza compromessi, perché la sua è una modalità espressiva di grande personalità. Piatti di elevata complessità e allo stesso tempo istintivamente buoni, in cui l’alta tecnica, mai fine a se stessa, è al servizio di piacere e gusto. Un gusto nuovo, in cui finalmente si riconoscono mano e idee originali. Lungo tutto il percorso della degustazione ci accompagneranno un pane e dei grissini fragranti con un burro montato indescrivibilmente seducente.
La partenza è fatta di piccoli riusciti giochi, a partire dalla carota in carpione di carota sulla sua scorza, la foglia di cavolo nero in tempura con mousse di trota salmonata e sesamo e una divertente scomposizione e ricomposizione del cavoletto che diventa un “cocktail di gamberi sui generis”
Il nobile salmerino, pesce d’acqua dolce presentato in ceviche di cavolo viola, è il protagonista di un’entrata convincente
Colpi di magistrale minimalismo il tagliolino di rapa rossa in escabeche e il porro “appena colto”
La tartare di manzo con trota affumicata, capperi di sambuco e neve di fegatini è probabilmente uno dei piatti più interessanti del nostro anno di percorsi degustativi. Al di là della qualità eccelsa della materia prima, si tratta di una combinazione di ingredienti che si trasforma da semplice somma in sistema. Ecco quindi che in bocca, con una consistenza morbidissima ci si ritrova un’esplosione di pomodoro camone, quasi un inconsapevole omaggio alla terra d’origine del giovane sardo
Altro piatto assolutamente strepitoso sono gli “gnocchetti alla parigina” di aglio fermentato, con trippe di baccalà al pino mugo, in cui finezza e grassezza si rincorrono lasciando un finale di irresistibile piacere
Bello il contrasto tra l’apparenza innocente e un gusto dirompente: sono le linguine di Kamut con zucca, camomilla e bottarga di trota. Boccone dopo boccone, una sapidità spinta ma mai invadente e una fresca nota di dolce piccantezza. Notevole
Di intenso impatto e straordinario sapore anche il risotto con succo di verza e crema al tartufo nero
Storione “in saor”, divertente rivisitazione in chiave moderno-delicata del saor classico
L’animella panata alla scorzanera, rape rosse ai frutti di bosco e gemme di abete è una prova, se ancora ce ne fosse bisogno, di classe cristallina
Tenero, saporito, quasi classico l’elegante filetto di cervo con crema di castagne affumicata, radici di Harald e speck
Dopo un rinfrescante predessert, il gelato al latte di capra con pellicola di ribes, ecco l’essenziale, leggera, paradossalmente e volutamente eterea versione 2.0 della Sachertorte. Naturalmente buonissima.
Siamo di fronte a un giovane che di sicuro farà parlare di sé. E se questo è l’inizio della sua esperienza da solista, affiancato dalla sorridente compagna, è certamente un debutto sotto i migliori auspici.
Il servizio funziona ad alta professionalità, cordiale e puntuale. Dalla carta dei vini, va da sé in divenire, ci aspettiamo ancora qualche etichetta sia per completare il discreto assortimento sia per corroborare una cucina così pirotecnica (o, concedetecelo, Pirastecnica…)
73 euro per un percorso degustazione di 7 portate, sui 60 alla carta per 4 piatti. Ben spesi.